giovedì 9 giugno 2016

Le mele di Kafka

di Andrea Vitali - Garzanti

Vitali è sempre fenomenale. Sia nella creazione di storie al limite del surreale, sia per i contesti e gli ambienti, sia per i personaggi, sia per i loro nomi propri, vere chicche in ricordo di un mondo che non c'è più. Ma questa volta c'è un ma.
Le bocce, le mele, i funerali, il passato che ritorna, le gite, i pullman e l'ineffabile e onnipresente sciur curato che tutto guida e tutto maneggia, aiutato e imbeccato dall'impareggiabile perpetua. C'è tutto in questo in questa nuova storia lacustre, questa volta ambientata alla fine degli anni '50.
È l'ennesimo racconto che ci mostra l'Italietta di quegli anni, un po' bigotta e molto beghina, solidale e chiusa a riccio, ignorante ma buona e seria lavoratrice.
Ma questa volta, come dicevo, c'è un ma.
È come se Vitali si fosse trovato senza carta, o con la penna senza inchiostro. Oppure, per darci una ventata innovativa, come se al computer di lavoro, improvvisamente fosse mancata la luce, e lo scrittore non avesse più alcun modo di continuare.
Oppure, più banalmente, l'autore si è semplicemente stufato di tuta quella gente e l'ha piantata lì.
Il finale, ecco.
Mozzato lì, lasciato alla libera interpretazione, o meglio alla libera immaginazione.
Sicuramente una scelta, ma io alla fine ho girato l'ultima pagina convinto che ce ne sarebbero state altre, e invece sono rimasto lì come un baluba.
Secondo me manca qualcosa...

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